Apprendimento in “armonia”

Personaggi: Francesco detto “Ciccio” e Roberto



Nei ricordi “accademici” chi scrive non riesce a dissociare il binomio “Ciccio – Roberto”.
A Modena, nello “Studio Grande” e poi nelle camerate del “Palazzo”, vede Ciccio sonnecchiante, sdraiato, “stravaccato” vicino a Roberto che, compunto, davanti al banchetto ricoperto con fogli, penne, evidenziatori, quadernini accuratamente compilati con sottolineature multicolori e una montagna di sinossi, legge e ripete, ripete ad alta voce.
Ciccio, dopo qualche ora, stropicciandosi gli occhi, lentamente si sveglia. Poi improvvisamente si alza e apparentemente incazzato si esprime con voce tonante:
“Sceccu, nunn’ aggiu capito niente”.
Roberto, paziente, diventa rosso come un peperone e... ripete ancora, cerca di spiegare, ma invano. Ciccio sorridendo si allontana soddisfatto, e rivolgendosi affettuosamente all’amico soggiunge (all'incirca...):
“So’ cavoli tuoi se l’interrugatorio nun’ va bbuono”.

Il sodalizio funziona per i due inseparabili amici, in prevalenza nelle materie scientifiche, anche in occasione degli esami finali. I risultati sono positivi per entrambi, con un ragionevole scarto a favore di Roberto forse per l’impegno attivo e diretto.
A Torino, alla Scuola d’Applicazione, la scenetta sovente si ripete e resta misteriosa la scomparsa di tre quadernetti di appunti che provocano al buon Roberto panico e grandi preoccupazioni. Tutto si risolve nel giro di un giorno con il recupero dei preziosi documenti e una solenne bevuta.

Impegno e volontà premiano Roberto che percorre egregiamente la carriera: Scuola di Guerra, incarichi prestigiosi e conclusione al massimo livello a Padova. Dedizione per la famiglia e piena disponibilità per gli amici e per il sociale.
Ciccio opera e si diverte da single impenitente sull’“asse” Padova-Garda-Verona, nei primi anni sessanta. Poi da buon calabrese approda, felicemente sposato, a Bolzano, Firenze, Prato. E finalmente studia e legge (da solo?). Sempre vivo e “tosto” come la sua “capa” e la sua terra, realizza le sue aspirazioni di poeta “bruzio”. Assume la carica di Presidente dell’Accademia Toscana Federico II (a Prato).
Attento! Se “il gigante buono” ti stringe la mano corri dei grossi rischi.
In occasione del cinquantennale saranno posti in visione alcuni reperti dei famosi “quadernini”.